Ivan aveva una sua attività a Mantova, era un agente di viaggi, e le cose andavano abbastanza bene per il ragazzo italo-croato…almeno sino a quando non scoppiò il caos a Ginevra. O perlomeno, non fu subito un casino per lui nell’immediato, ma dopo un po’ di tempo, quando un criminale, che aveva appena scoperto di aver sviluppato la superforza, irruppe nel suo studio per derubarlo. Istintivamente, Ivan cercò di combatterlo richiamando tutte le conoscenze di Krav Maga che conosceva, arte marziale che studiava sin da ragazzino, ma non riuscì a contrastare il malfattore, che lo schiantò a terra, iniziando a strangolarlo. Fu allora che Bastrini sentì qualcosa dentro, come una furia che a stento stava riuscendo a controllare, un fuoco che divampava verso i suoi arti, allungandogli e rinforzandogli le unghie, rendendo i suoi lineamenti più ferini…e provocandogli un’indescrivibile sete di sangue.
Un’artigliata al braccio del supercriminale e un morso alla sua spalla sanciscono l’inizio della carriera di Langren, un gesto di autodifesa che avrebbe segnato per sempre il povero ragazzo mantovano, che da allora iniziò a combattere il crimine nella sua zona, cercando di rimanere con un profilo basso e come H.E.R.O. “di quartiere”, soprattutto quando iniziò a vedere che sempre più suoi “simili” iniziavano a pensare o a se stessi o alla gloria del salvare il mondo da grandi minacce…ma pochi che si impegnavano ad aiutare chi davvero ne aveva bisogno, la gente in basso, vessata dalla criminalità organizzata
Iniziò quindi a vivere una doppia vita, collaborando spesso con altri H.E.R.O. che la pensavano come lui ed agivano su scala più locale, ma non formando mai un gruppo fisso e stabile dal momento che spesso erano persone che poi cercavano di tornare a vivere normalmente (per quanto possibile), ma anche perché, man mano che i suoi poteri aumentavano e si manifestavano sempre più, sentiva pian piano la propria umanità venir meno, sostituita da un crescente istinto bestiale; l’unica cosa a cui riusciva ad aggrapparsi per rimanere quanto più possibile umano, anche quando dovette far sparire Ivan per far rimanere solo il licantropo per proteggere i suoi cari, era il suo desiderio di giustizia, e che i criminali scontassero la loro pena, per quanto possibile. Alcune volte, infatti, sapendo della recidività o dell’impossibilità della pena, si era incaricato di eseguire personalmente la condanna di alcuni mafiosi, i suoi bersagli preferiti, amputando arti coi suoi artigli (con sommo sdegno dei presenti, spesso e volentieri) o paralizzando colpendo con una ginocchiata secca la schiena del malcapitato di turno, cercando di non uccidere…almeno fino a quando non incappò in un pedofilo cannibale.
Fu la prima volta che uccise, e non ci pensò due volte una volta che ebbe la certezza di avere davanti la sua preda: sotto la luna piena, gli recise la giugulare con un morso, e fece a pezzi il corpo in preda alla bestia. Quando ritornò lucido, fu sconvolto da come aveva ridotto quel bastardo, allontanandosi ancora di più dalla civiltà.
Ora si dice che abiti nella zona dei Parchi del Mincio, probabilmente in qualche cascina abbandonata, preparandosi a colpire ancora la malavita…e combattendo con la bestia che ha dentro, sempre più impaurito dal rischio di fare qualcosa di peggio al prossimo malavitoso che incontrerà, qualcosa come il cannibalismo…